Pubblicato in: Atti del Convegno Nazionale di Analisi Transazionale SIAT 1996, Roma, 11-13 aprile, pp. 391-396. Roma: SIAT.
“L’alleanza terapeutica si basa su tre elementi fondamentali, tra cui la personalità del terapeuta ed il suo enneatipo caratteriale. La conoscenza di tale caratteristiche e del proprio modo di funzionare facilita l’alleanza terapeutica.”
Che l’alleanza terapeutica costituisca un fattore determinante nell’esito della terapia è generalmente accettato. L’Analisi Transazionale sembra aver preso in questa area una posizione essenzialmente in linea con gli sviluppi delle teorie psicoanalitiche. Glen O. Gabbard (1992) riporta una sintesi di autori che si sono occupati del tema a partire da Freud, il quale descrisse originariamente questo aspetto del trattamento come una componente del transfert. Un’evoluzione del concetto portò a posizioni più differenziate, come ad esempio quella di Zetzel (1956), che definisce il rapporto del paziente col terapeuta un misto di relazione transferale e di relazione reale, precisando che solo gli aspetti di relazione reale costituiscono l’alleanza terapeutica o di lavoro. Greenson successivamente (1967) preferì parlare di “relazione di lavoro” e la definì come il rapporto relativamente non nevrotivo, razionale, che il paziente ha con il suo analista. Altri autori, Luborsky (1984) ad esempio, si occupano di cosa produce cambiamento e quindi di quali tipi di intervento, quello interpretativo o quello di sostegno, producano maggiori effetti.
Sembra che l’orientamento attuale sia quello di adattare il modello teorico a situazioni reali e a patologie, potendo il terapeuta fluire, ai fini di un’efficace alleanza terapeutica, da interpretazioni e interventi più basati sulla metafora e il simbolo, a interventi in cui è previsto il consiglio e il suggerimento. A me sembra che Berne e Steiner, pur non affrontando il tema in maniera altrettanto approfondita, giungano implicitamente a conclusioni molto simili a quelle dei teorici della psicoanalisi quando introducono e sviluppano il concetto di contrattualità. Nel contratto Berne e Steiner indicano un chiaro strumento, in termini filosofici e in termini di prassi per tenere l’alleanza terapeutica o di lavoro fuori dalle influenze della relazione transferale e controtransferale e quindi nell’area del rapporto A-A o, detto in altri termini, nell’area della capacità di valutazione degli elementi razionali e di realtà, differenziandoli da quelli che sono gli aspetti della relazione in cui sono implicati gli Stati dell’Io esteropsichici, proiettati sul terapeuta, e gli Stati dell’Io archeopsichici ai quali il paziente si è fissato.
A me sembra che l’alleanza terapeutica si costruisca e si basi sulla complessità degli elementi relazionali e sulla chiarificazione che insieme riescono a realizzare terapeuta e paziente quando sono coinvolti in uno scambio in cui aspetti arcaici influiscono sul momento attuale. L`abilità nel ripulire di volta in volta contaminazioni che turbano la realtà del rapporto facilita l`alleanza che tuttavia per sua natura è instabile e va pertanto costantemente rinnovata. Gli ingredienti che favoriscono il desiderio del paziente e del terapeuta di lavorare insieme per il cambiamento sono molteplici. Non credo si possa fare una graduatoria sulla maggiore o minore importanza di ciascuno di essi. Certo è importante che il paziente si senta capito e quindi che il terapeuta abbia capacità empatiche, ma perché la sua capacità empatica venga percepita dal paziente, è necessario che sappia comunicarla e questo può avvenire per dono naturale o per effetto di apprendimento. Lo stesso intervento terapeutico può essere fatto da più persone con risultati e forza diversi. Ad esempio il timbro di voce, una modulazione del tono, l`enfasi su una parola, sono strumenti attraverso i quali il terapeuta può raggiungere il paziente con maggiore o minore impatto. Inoltre l’uso e l’efficacia della tecnica sono strettamente connesse allo sviluppo personale del terapeuta. Certo, se un paziente non è motivato l`alleanza è difficile, ma è altrettanto vero che la motivazione diventa più attiva con un terapeuta anziché con un altro.
D`altra parte una stessa tecnica può essere molto potente o totalmente inefficace: a volte un lavoro con le due sedie è produttivo di per sé, può bastare che il paziente porti avanti un dialogo gestendolo da solo e succedono cose, mentre altre volte, nonostante l`impegno del terapeuta, non cambia proprio niente. Un`interpretazione può portare all’insight, un consiglio può far cambiare comportamenti irrigiditi negli anni. Tutto ciò appartiene all`area dell`alleanza terapeutica e gli elementi esaminati possono facilitarla o annullarla. Resta totalmente imprevedibile il tipo di relazione che si stabilirà in ciascun rapporto paziente-terapeuta. Sono talmente tante le variabili che è difficile stabilire modelli di efficacia. D`altra parte è pur vero che alcuni terapeuti funzionano meglio con certi tipi di pazienti e non con altri. Alcuni sono più inclini all`emotivo ed altri più al razionale, così come ci sono terapeuti più attivi e direttivi mentre altri sono più accoglienti e ricettivi. Ora, venendo al tema, ritengo che non importi tanto quale sia la modalità adottata per raggiungere l’alleanza terapeutica, quanto il fatto che ciascuno strumento si adatti in modo maggiore o minore alla personalità del terapeuta. Produrrà scarso effetto, ad esempio, che un terapeuta ritentivo e timido si impegni in prolungate confrontazioni. Considerando che l’alleanza terapeutica si basa su tre elementi fondamentali, il terapeuta, il paziente e l’approccio teorico-pratico, in questa sede mi propongo di focalizzare l’attenzione sul primo di questi elementi, il terapeuta, partendo dall’ipotesi più su espressa che ci siano molteplici modalità per costituire l`alleanza e che la loro efficacia sia strettamente collegata alla personalità del terapeuta e al suo tipo caratteriale. Le persone che hanno già seguito i precedenti convegni SIAT sono al corrente dell`attenzione che sto ponendo in quest`area dello studio psicologico e rimando agli Atti del 1991 e del 1992 per le implicazioni teoriche e per le integrazioni tra Analisi Transazionale ed Enneagramma, o quella che ormai può essere definita la Psicologia degli Enneatipi.
Presento qui di seguito una sintesi dei tratti che caratterizzano i nove tipi caratteriali indicati nella mappa dell`Enneagramma, evidenziando alcuni paralleli con gli aspetti di personalità indicati nel DSM IV. Poi di seguito mi soffermerò su alcune implicazioni relative al lavoro di terapeuta secondo che appartenga all’una o all’altra delle nove aree tipologiche. Per questioni di tempo non tratterrò, in questa sede, le specifiche strutture di Copione, in termini di ingiunzioni, controingiunzioni, decisioni e convinzioni, che caratterizzano ciascun tipo e lo differenziano dagli altri.
Enneatipo 1 (Ira, Perfezionismo): ha una tendenza a voler cambiare se stesso e il mondo con un’idea di fondo che le cose, così come sono, non vanno bene e che è necessario impegnarsi per modificarle. Tende alla critica e al giudizio, sposa valori elevati e si sforza di raggiungere meriti per essere riconosciuto e apprezzato. Si avvicina alla personalità ossessivo-compulsiva. La sua ira, di solito più repressa che manifesta, può esplodere quando ritiene che “la misura è colma”.
Enneatipo 2 (Orgoglio, Pseudo-abbondanza): è caratterizzato da una sorta di inflazione della propria immagine. È un tipo che nega gli aspetti carenti e si riempie di pseudo-amore che elargisce spesso con grande generosità. Può però facilmente dimenticare le sue promesse e perdersi dietro l’emozione del momento. Si differenzia dal tipo 1, che è controllato e contenuto, per la facilità nell’espressione emotiva. Nell’attuale nomenclatura psichiatrica si avvicina alla personalità istrionica.
Enneatipo 3 (Vanità, Autoinganno): è caratterizzato nell’identificazione della propria immagine. Questo tratto è un po’ comune a tutti i tipi, ma nel vanitoso è particolarmente presente. È una forma narcisistica di essere che si alimenta di un sottile perfezionismo, efficienza e abilità. Il tutto per l’apparenza, per lo sguardo e il riconoscimento degli altri. Può essere una persona molto energica con una tendenza ad allontanarsi dal proprio mondo interno e dalla propria sfera emotiva.
Enneatipo 4 (Invidia, lnsoddisfazione): vive in una condizione di perenne carenza, sente profondamente che gli è stato negato qualcosa e si fissa ad uno stato di sofferenza manipolativa. Continua a reclamare e difficilmente si sente soddisfatto. Può essere lamentoso o competitivo, a volte brillante e con buone capacità relazionali. Affamato di amore, coltiva l’illusione segreta che soffrendo finalmente un giorno sarà soddisfatto. In questa area possiamo trovare patologie di tipo border-line.
Enneatipo 5 (Avarizia, Isolamento): ha un`attitudine al ritiro dal mondo. È un tipo
ritentivo, autarchico, tende ad evitare la relazione e coltiva l’idea che nello scambio con l’altro, lui ci rimette sempre, quindi tanto vale star solo evitando di spendere quelle poche energie che pensa di avere. Timido e introverso coltiva più il pensiero che l’azione. E un tipo di personalità che rientra nell’area schizoide.
Enneatipo 6 (Paura, Dubbio): è un carattere complesso, con varie sfaccettature. Può
essere timido o controfobico e paranoide. Al fondo ha una forte insicurezza. Convinto che gli mancano indicazioni e bisognoso di guida, continua a cercare qualcuno o qualcosa a cui appoggiarsi: una persona o una teoria di riferimento, possono costituire il sostegno che lo aiuta a far fronte all’eterno dubbio sulle proprie capacità che lo caratterizza.
Enneatipo 7 (Gola, Astuzia): ricerca le cose buone della vita, il seno buono che non ebbe a sufficienza, ed ha un`attitudine ad evitare le sofferenze. Può inventare a questo scopo molte manipolazioni fino a perdersi in ardite fantasie e in piani e progetti che poi non realizza. Ha una narcisistica tendenza a sentirsi speciale. Abile nell`evitare le difficoltà, cerca di cadere sempre in piedi. Può essere considerato un tipo cripto-schizoide.
Enneatipo 8 (Lussuria, Vendetta): è un tipo forte, ricorda il fallico-narcisista reichiano, vive intensamente e si fa in generale pochi scrupoli. E’ ribelle, impulsivo, vive per la sfida e il successo, ma può essere anche molto generoso. Non si permette debolezze e colpisce prima che gli altri lo colpiscano. È un carattere antisociale. Ha subito molta violenza da bambino a ha giurato a se stesso che non sarebbe più accaduto.
Enneatipo 9 (Pigrizia, lperadattamento): ha una pigrizia psicologica che proviene da una perdita di contatto con il proprio sé profondo. Evita l’introspezione e il cambiamento. Nella vita pratica può essere al contrario molto attivo e produttivo. Aiuta gli altri fino a dimenticarsi di sè, con uno spirito di abnegazione e altruismo. Mostra una povertà di esperienza interiore e tende a rassegnarsi. Nelle relazioni può essere un buon amico, compagno gioviale, capace organizzatore.
Nella sintesi presentata tralascio la descrizione dei tre sub-tipi nell’ambito dei quali si possono differenziare le persone che rientrano in ciascuno dei caratteri esaminati, sub-tipi che sono collegati ad uno dei seguenti istinti: conservativo, sociale, sessuale. ll migrare verso l’uno o l’altro dei sub-tipi indicati, può produrre notevoli differenze nel carattere di base.
Da quanto premesso si può dedurre che ogni terapeuta rientra in una delle categorie indicate e che quindi avrà un suo specifico modo di entrare in relazione con il paziente, modo che sarà determinato dalle caratteristiche personali. L’ipotesi è che la conoscenza di dette caratteristiche e del proprio modo di funzionare facilita l’alleanza terapeutica. Per il professionista esperto la gestione del rapporto diventa spontanea, grazie alla propria esperienza. Diverso è per un allievo in supervisione o per un terapeuta giovane. Per loro può essere di molto aiuto, come ho sperimentato nella mia pratica, individuare i propri aspetti caratteriali secondo la mappa della Psicologia degli Enneatipi, per scoprire e sviluppare il proprio specifico modo di fare terapia, al di là dei modelli introiettati dai maestri.
Ora farò una brevissima sintesi per evidenziare in che modo il carattere possa influenzare il modo di lavorare di un terapeuta.
Il terapeuta 1: Può essere esigente, confrontativo, può dare messaggi idealizzati su ciò che conta e vale. Si sforza nel proprio lavoro di raggiungere grossi risultati. Pretende dal paziente e usa più frustrazione che simpatia. ll paziente può essere spaventato da tante pretese. D’altro canto può stabilire un buon rapporto grazie alla forte protezione che offre e alla sua chiarezza e onestà di fondo. Si mostra sicuro, serio, acquista competenza e accompagna il paziente con buona capacità creativa e intuito. Non entra in rapporti simbiotici ed è molto preciso nel definire la relazione. Viene vissuto come professionale e affidabile.
Il terapeuta 2: Dovrà fare i conti con la sua attitudine salvifica e con il coinvolgimento a volte sfruttatorio del paziente. Il suo “dare” può nascondere richieste inespresse. Dietro la profusione di energie a favore del paziente, si nasconde il bisogno di essere importante e desiderato. D’altra parte ha un ricco potenziale, è molto creativo ed è rivolto più all`azione che all’introspezione. Può essere ribelle al training e improvvisarsi in esperienze con le quali non ha dimestichezza.
Il terapeuta 3: Se si perde nell`importanza dell’immagine che vuole offrire, i bisogni del paziente possono essere sminuiti. Il vanitoso può avere la tendenza a mostrare le sue abilità e piuttosto che essere un terapeuta. D`altra parte può offrire buona disponibilità, serietà ed impegno, elementi che facilitano l’inizio del rapporto. Può rispondere in maniera autoritaria o reattiva a critiche o a forme oppressive di relazione.
Il terapeuta 4: Può essere molto tenace e presente nella terapia ma anche perdersi con il paziente confluendo nella sua sofferenza. A quel punto l’identificazione può far perdere il contatto e l’alleanza diventa un patto a non guardare il vero problema. Può invitare a rapporti simbiotici e a scarso senso di responsabilità. In altri casi può mostrarsi competitivo ed entrare in lotta con il paziente: vuole vincere. Ha buone doti empatiche, conosce la sofferenza e quindi il paziente sente che può essere capito.
Il terapeuta 5: È abbastanza tollerante. Il paziente percepisce che è presente e disponibile. Buon ascoltatore, preciso negli interventi, chiede concretezza e chiarezza. È sensibile alle provocazioni. Pur essendo difeso e schivo nella relazione, può essere accogliente e sinceramente interessato all’altro. Mostra cordialità ma anche riservatezza. Può essere molto frustrante e duro. È imbarazzato di fronte a forme di contatto che vive come troppo invasive ed è particolarmente suscettibile al senso del ridicolo.
Il terapeuta 6: Può essere eccessivamente responsabile nell’assumersi “il peso” del paziente. Con il dubbio sulle proprie capacità che lo contraddistingue tende ad avere molti riferimenti teorici e a rischiare poco. Spesso svaluta le sue capacità e trova difficile far rispettare le regole del setting. Tiene a mostrarsi “bravo ragazzo” e tende a dare molto spazio alle richieste e alle false esigenze del paziente. Può essere protettivo e accogliente e di solito è più abile di quanto sia disposto a riconoscersi.
Il terapeuta 7: Cerca di avere un tempo piacevole anche in terapia. Tende alla flessibilità e si muove tra molte idee, il che favorisce la ricerca di nuove opzioni che però possono restare ipotesi non realizzate. Può essere protettivo fino all’eccesso e confondersi con il paziente e con le sue fantasie, fino a stringere patti segreti per evitare l’approfondimento di aspetti dolorosi. È possibile che la terapia diventi un “parlare intorno”, poco centrata e con poca direzione.
Il terapeuta 8: Può essere molto stimolante. lmpulsivo, reattivo, partecipa vivamente nella relazione con intensità che affascina il paziente, il quale può sentirsi coinvolto in un’avventura ricca e avvincente, piena di imprevisti. Aggressivo, affettuoso, poco propenso al razionalizzare, può offrire falsi modelli e l`idea che tutto sia permesso. Può creare nel paziente dipendenza dalla sua immagine e forme di antisocialità. Ama i sentimenti intensi e si esprime con sincerità.
Il terapeuta 9: Può essere molto accogliente, cordiale, premuroso. Ha la tendenza a salvare e quindi ad essere iperprotettivo. Gli piace sentirsi utile, può essere prodigo di consigli e indicazioni. Poco frustrante, può abituare il paziente alla passività. In situazioni particolari tende a diventare molto duro e frustrante. È responsabile e rigoroso, a volte testardo nel voler imporre il suo punto di vista.
Nella sintesi riportata, come premesso, mi sono occupato soltanto di uno degli elementi che costituiscono l’alleanza di lavoro. Naturalmente il terapeuta entrerà in relazione potenzialmente con pazienti di ognuno degli Enneatipi presentati, il che comporta la possibilità di moltissime relazioni diverse e di variabili difficili da codificare e inquadrare.
ll tema dell`alleanza terapeutica, osservato dal punto di vista dell’argomento trattato, offre un ampio territorio di studio e ricerca permettendo una approfondita esplorazione degli aspetti personali che intervengono nella relazione terapeuta-paziente.