Pubblicato in: Il tempo della scuola – Anno I, Gennaio 1991.
“L’insegnante è un po’ come l’adulto che conserva la curiosità spontanea del bambino e continua a riviere i suoi tratti infantili attraverso gli allievi: il buon insegnante è affascinato dall’essere contemporaneamente un adulto sapiente e un bambino ignaro.”
Nel considerare gli aspetti psicologici della condizione insegnante, ho fermato l’attenzione su due temi che mi sembrano rilevanti: quali tratti caratterizzano la sua personalità e cosa lo aiuterebbe a trovare maggiore soddisfazione nel proprio lavoro. Mi sono chiesto quali sono le motivazioni che portano a diventare insegnante. Ho trovato una risposta a stimolante in quanto sostiene Guggenbhul-Craig nel suo libro << Al di sopra del malato e della malattia>> (1987), dove implicitamente riconosce che il lavoro dell’insegnate rientra nel settore più ampio delle professioni d’aiuto, tra le quali spiccano quelle del medico e dello psicoterapeuta.
Più in particolare, l’insegnante è un po’ come un adulto che conserva la curiosità spontanea del bambino e continua a rivivere i suoi tratti infantili attraverso gli allievi, conservando una fresca curiosità per la scoperta e per ciò che è nuovo. Il buon insegnante è affascinato dall’essere contemporaneamente un << adulto sapiente e un bambino ignaro>>. Vivendo insieme questi aspetti della sua personalità potrà sollecitare lo sviluppo dei suoi scolari (Guggenbhul-Craig, Idem).
Ne consegue che diventa requisito fondamentale mantenersi emotivamente vivo, conservando il potenziale e la spontaneità del bambino che esplora e conosce il mondo senza categorie preconcette. Ancora non sa dare un nome alle cose ed ogni nuova conoscenza avviene per esperienza diretta. Guarda un fiore e la sua forma, il colore, il profumo, le sensazioni tattili, se lo tocca, vengono percepiti in maniera unitaria; gli elementi che lo compongono non sono distinti e l’atto del conoscere viene spesso accompagnato da un oh… di meraviglia. Poi comincerà ad apprenderne il nome, la famiglia di appartenenza, il luogo dove cresce, quali sono i comportamenti e rischierà da grande di non guardare più il fiore come tale, ma le sue caratteristiche botaniche. L’esperienza non produce più il vissuto di pienezza che viene dal contatto senza preconcetti, diventa intellettuale: spesso fredda e priva della gioia che viene dalla scoperta. È molto importante tener vivo quel bambino. C’è in noi un Piccolo Professore, come lo definiva E. Berne (1971), una parte della personalità che detiene le capacità intuitive e creative, si forma molto presto nelle fasi di sviluppo e continua a vivere nell’adulto, salvo che spesso è represso e sepolto sotto strati e strati di difese che gli impediscono di emergere. L’insegnante che si permette di usare il suo Piccolo Professore esce dal modello stereotipato di chi trasmette conoscenza attraverso nozioni apprese, e alimenta la curiosità per il sapere, trattando lo scolaro come quel bambino spontaneo,<< affamato di conoscenza che ancora vive in lui >> (Guggenbhul-Craig, Idem).
Spesso il Piccolo Professore che ha guidato i momenti di maggiore creatività e sviluppo della nostra infanzia, viene soppiantato dalla regola rigida e dagli interessi della organizzazione sociale, una sorta di grande genitore che reprime le qualità naturali a favore di un adattamento, spesso privo dei valori che sollecitano lo sviluppo e la realizzazione personale e si occupano piuttosto di diminuire i rischi della diversità, offrendo un rassicurante modello nel quale tutte le strade sono indicate e tracciate, mentre lo spazio personale è ridotto al minimo. Così avviene che, come per ogni altro individuo, l’insegnante perde il contatto con gli aspetti creativi e spontanei della sua personalità e si irrigidisce in un ruolo, si maschera dietro una conoscenza che lo rassicura, stabilisce una netta polarità tra sé e lo studente, tradendo in questo modo la sua stessa vocazione e neanche più si accorge che gli allievi sono lì, ogni giorno, a ricordargli il suo bisogno originario. A volte il ruolo diventa così rigido che gli studenti vengono vissuti come quelli che si oppongono al sapere, una sorta di nemici da combattere piuttosto che i ragazzi da istruire. << Non vogliono imparare, sono privi di interessi e di curiosità >>.
Seguire il programma, dare dei giudizi adeguati diventa l’obiettivo e viene perso il contatto con la parte creativa dello studente. In realtà è l’insegnante che ha perso il contatto con il proprio bambino interiore e quindi non può sollecitarlo negli altri. Naturalmente ogni persona è diversa dall’altra e ciascuno porta nella professione la propria storia, le proprie qualità, i propri limiti. Alcuni si realizzano nel lavoro e diventano molto capaci nell’insegnamento, anche se la loro vita privata può essere poco soddisfacente. Altri sono così timidi e impauriti che non possono affrontare l’aula. Altri ancora nascondono le loro paure diventano antipatici e persecutori, fino a provocare la ribellione dei loro allievi. Tutti possono cambiare il proprio modo di essere insegnanti se cambiano il proprio modello di vita: gli aspetti professionali non sono scissi dalla personalità globale. Ogni individuo struttura un Copione di vita, le cui tracce sono state segnate nella primissima infanzia e ancora oggi determinano l’esistenza dell’adulto. Il bambino venendo al mondo è ricco di un enorme potenziale e tuttavia nel contatto con l’ambiente presto si rende conto che piccolo è limitato, non può fare ciò che vuole, vive da nano in un mondo popolato di giganti che gli indicano come deve comportarsi se vuole sopravvivere ed essere amato.
Poiché è vulnerabile non ha altra possibilità che adattarsi soffocando i suoi bisogni naturali che tuttavia continueranno a vivere in lui, anche se ben nascosti e a volte addirittura dimenticati. Se vuole l’affetto del mondo che lo circonda, dal quale dipende per la propria sopravvivenza, dovrà cedere alle limitazioni che gli vengono imposte e se vuole uno spazio nel quale essere riconosciuto potrà o adattarsi e diventare passivo o ribellarsi. Ancora molto piccolo prenderai importanti decisioni esistenziali che condizioneranno la sua vita futura. Sono il risultato di un pensiero intuitivo, prelogico del tipo : << se la mamma non mi porta ai giardini dove posso stare con altri bambini, vuol dire che non vuole che io giochi e mi diverta, allora sarò serio starò tranquillo in un angolino e non le darò fastidio, così mi amerà>>. Più grande si impegnerà nello studio e sarà restio a frequentare compagnie posti divertenti, continuerà a portare avanti la decisione originaria anche se non più necessaria. Insiste a condurre una vita da musone anche se è venuto a mancare il presupposto di fondo: la paura di perdita d’amore. Se diventerà un insegnante darà poco spazio alle comunicazioni spontanee e ai momenti giocosi, per lui sarà invece importante che gli studenti siano seri e impegnati nello studio. Non potrà trasmettere ai ragazzi quello che lui stesso non si è permesso e che ancora oggi, da grande, non si permette di sperimentare.
In un altro caso, il bambino educato con il sistema delle punizioni potrebbe avere incorporato il modello di un genitore persecutore e diventare un insegnante esigente nei confronti dei suoi studenti, propenso più a dispensare espressioni svalutanti del tipo << testa di rapa>> o << pezzo di imbecille>> , che a cercare la via della comprensione. Dare il permesso di sbagliare può essere una via educativa molto efficace. Significa trasmettere il messaggio che l’apprendimento è una ricerca e che si ha diritto ai propri limiti. Significa credere nella potenzialità e nella possibilità di cambiare dando spazio ad una ricerca curiosa nella quale anche l’insegnante si sente stimolato a scoprire le vie più idonee per arrivare al suo allievo. Ne consegue che l‘inquietudine del docente va curata attraverso corsi di aggiornamento, letture e ogni tipo di informazione professionale, ma la terapia non può prescindere da un cambiamento interiore. Se l’insegnante ha dentro di sé un modello svalutante, lo porterà anche fuori, nella relazione.
Ho più volte notato nel mio lavoro di psicoterapeuta come nei pazienti insegnanti è cambiato e significativamente migliorato il rapporto con la classe via via che è avvenuto un cambiamento nella loro vita privata. Molti problemi di relazione con gli studenti e con i colleghi si sono dissolti parallelamente allo sciogliersi di nodi e blocchi più profondi della personalità. Una giovane insegnante sfiduciata e distaccata dal suo lavoro perché non sentiva la minima gratificazione in esso, poteva ad un certo punto dire: << ora è diverso, mi diverto, scopro le cose insieme a loro, ora ci sono, prima non mi accorgevo di niente, ora mi vogliono bene e spesso sento di amarli. I colleghi mi riscoprono e dicono che sono una cara ragazza. Ora so cosa rispondere ai genitori che mi mostrano il programma e si lamentano che i figli ancora non hanno studiato le divisioni a due cifre>>.
Un po’ di autoanalisi
Ritengo che ogni discorso teorico per avere un riscontro nella realtà debba essere accompagnato da applicazioni pratiche e perciò voglio suggerire qualche semplice strumento di autoanalisi per invogliare il lettore curioso a guardarsi un po’ dentro e a prendere consapevolezza delle attitudini personali che possono impedirgli un pieno sviluppo delle sue capacità professionali.
Supponete che il bambino nel contatto con l’ambiente si adatti formando delle strutture psichiche che costituiranno la base della sua personalità. Le strutture alle quali mi riferisco sono denominate da E. Berne (1971), il fondatore dell’Analisi Transazionale, Stati dell’Io e sono le parti emergenti e più facilmente contattabili della personalità. Senza avventurarsi nei meandri più profondi della psiche, possiamo ottenere dei vantaggi immediati e visibili se impariamo a riconoscere e ad usare nelle diverse circostanze della vita i nostri Stati dell’Io.
Più in particolare E. Berne propone un modello di personalità nel quale l’Io si suddivide in tre strutture complesse: il Genitore, l’Adulto, il Bambino, ciascuno dotato di un insieme coerente di pensieri, sentimenti e comportamenti. Gli Stati dell’Io Vengono rappresentati nel modo seguente:
Lo Stato dell’Io Genitore è il risultato dell’incorporazione di pensieri, sentimenti e modelli di comportamento provenienti dal mondo esterno. In pratica tutto quanto ci è stato trasmesso da genitori reali e da figure sostitutive che hanno avuto rilevanza nella nostra infanzia.
Lo Stato dell’Io Bambino è formato dall’insieme di pensieri, sentimenti e modelli di comportamento che hanno caratterizzato la nostra infanzia individuale e corrisponde al bambino che realmente siamo stati.
Sia il Genitore che il Bambino continuano a vivere in lui, non importa quale sia la nostra età, spesso in maniera inconsapevole in conflitto tra loro. Il desiderio e il bisogno del Bambino possono essere ripresi dalle regole genitoriali e il risultato è che restiamo insoddisfatti e a volte neanche ne comprendiamo le ragioni.
Lo Stato dell’Io Adulto è il risultato dei pensieri, sentimenti e modelli di comportamento adeguati alla realtà del momento. L’Adulto ha capacità di raccogliere dati e informazioni in base ai quali operare scelte non condizionate dalle istanze del Bambino e del Genitore.
È utile poter utilizzare ogni Stato dell’Io in relazione alle circostanze.
Irrigidirsi in una sola struttura impoverisce la personalità.
L’insegnante che vuole ottenere il rispetto adotterà lo Stato dell’Io Genitore e quello che vuole per mettere un momento di divertimento potrà adottare lo Stato dell’Io Bambino e mentre propone un progetto di lavoro sarà nello Stato dell’Io Adulto. Non potrà divertire usando norme e divieti genitoriali: l’effetto sarebbe disastroso. Naturalmente è molto utile sviluppare degli aspetti della personalità che risultano carenti, attraverso un opportuno addestramento.
Per maggiori informazioni e per una migliore autoanalisi possiamo introdurre un ulteriore concetto che quello di funzione dello Stato dell’Io.
In particolare, il Genitore ha due funzioni una normativa e una affettiva, ciascuna con un versante positivo e negativo. Il Genitore normativo e positivo (GN+) tende a favorire la crescita, è il depositario delle regole e delle norme, dei valori etici e sociali necessari per un sano inserimento nel mondo. Sarà necessario che l’insegnante abbia sviluppato questo aspetto per dare delle chiare indicazioni allo scolaro che si affaccia alla vita e ai rapporti con gli altri.
Il Genitore normativo negativo (GN-), al contrario, ha un effetto il blocco della crescita. È punitivo e persecutorio, tende alla svalutazione. L’insegnante che lo adotta ottiene scarsi risultati e fomenta la ribellione o un adattamento estremamente passivo conseguente alla paura che incute. Otterrà in definitiva poco rispetto.
Il Genitore affettivo positivo (GA+) è caldo e protettivo. L’insegnante che lo attiva dà molti permessi ed è seriamente impegnato per lo sviluppo del proprio allievo. Rinforza il successo degli studenti congratulandosi con loro e mostrando piacere reale interesse per la loro crescita. Favorisce l’autonomia piuttosto che la dipendenza.
Il Genitore affettivo negativo (GA-), invece assumerà un atteggiamento iperprotettivo. Impedirà una crescita reale perché parte da una svalutazione dell’altro e dall’idea che è necessario il suo aiuto per salvarlo perché da solo non ce la farebbe. L’insegnante di questo tipo non permette l’autonomia dello studente, lo aiuta oltre il necessario sostituendosi a lui nella soluzione dei problemi, in quanto lo ritiene incapace di risolverli da solo. È quello che dice << poveretto non è colpa sua, non ha le capacità sufficienti>>.
Senza entrare in ulteriori dettagli, è opportuno che l’insegnante eviti gli aspetti negativi del Genitore normativo e di quello affettivo, è che alimenti invece gli aspetti positivi, che sollecitano e favoriscono la crescita e l’apprendimento.
Anche lo stato dell’Io Bambino ha due funzioni, ciascuna con un versante positivo e uno negativo. Il Bambino adattato positivo (BA+) è l’aspetto della personalità che favorisce l’adattamento ai fini dell’inserimento nell’ambiente. Rispetta le regole e le norme non perché totalmente sottomesso ad esse ma perché il seguirle gli facilitava la vita. Nei rapporti con gli altri si mostra gradevole e sorridente. Come insegnante sarà una persona socievole, di buone maniere che si dedica con serietà e dedizione al suo lavoro. Il Bambino adattato negativo (BA-) persegue l’iperadattamento. Totalmente sottomesso, neanche osa una propria idea o opinione, accetta passivamente l’autorità, le sue regole e le sue norme. Come insegnante sarà schematico, privo di iniziative, dedito alla scuola, obbediente al programma.
Il Bambino libero positivo (BL+) persegue la spontaneità, la vivacità, gli aspetti creativi. Come insegnante sarà ricco di iniziative e favorirà la crescita. Le sue lezioni saranno rilassate, piacevoli, e anche ricche di stimoli. E’ un piacere stare con lui.
Il Bambino libero negativo (BL-) può assumere l’aspetto del ribelle allorché diventa contestatore e oppositivo. Va contro l’autorità, ama dissacrare ed esprimere facilmente ostilità. L’insegnante di questo tipo contesta le regole e le forme. Può esercitare fascino sui di studenti ai quali però dà poca direzione e a volte può sollecitare in loro l’attitudine ad una contestazione poco costruttiva.
Anche nel caso dello Stato dell’Io Bambino è opportuno sviluppare i versanti positivi.
L’Adulto funziona come un elaboratore di dati dai quali trae conseguenze per operare le scelte più opportune al qui ed ora. Pertanto non ha versante positivo e negativo. In base alle nozioni sopra esposte è possibile fare un’autovalutazione usando l’Egogramma di Dusay (1977), una rappresentazione visiva di come la personalità funziona attraverso i suoi Stati dell’Io.
L’altezza delle colonnine indicate nel diagramma indicherà quanto ciascuna funzione è sviluppata e perciò attiva e indirettamente quali funzioni hanno bisogno di essere maggiormente attivate.
Chi è capace di usare il Genitore normativo positivo, l’Adulto, il Bambino libero positivo e il Genitore affettivo positivo, sarà un insegnante democratico, che facilita la crescita e lo sviluppo intellettuale. Quando invece domina il Genitore normativo negativo, l’insegnante ha una tendenza autoritaria, mentre l’eccesso di Genitore affettivo negativo caratterizza l’insegnante lassista, troppo permissivo che promuove poco l’autonomia e la responsabilità. In un buon modello di insegnamento sono necessarie le frustrazioni purché accompagnate da empatia e comprensione. Nell’esempio riportato gli aspetti più attivi sono il GN e il BA, pertanto andrebbero maggiormente sviluppate le altre funzioni della personalità. È opportuno ricordare che non si può abbassare la colonnina relativa ad una funzione poco vantaggiosa, ma soltanto compensare detta funzione accrescendone altre. Se ad esempio una persona ha molto sviluppato il BA, per diminuire l’effetto, dovrà usare maggiormente il BL. Idealmente una persona dovrebbe poter adottare tutti gli Stati dell’Io scegliendo le funzioni positive.
In conclusione penso che può essere utile assimilare queste nozioni relative ad un modello di personalità che gioco forza è riduttivo e tuttavia può essere molto utile da applicare nella scuola sia per l’insegnante che per lo studente. A volte ci vuole molto poco per cambiare una relazione che sembra compromessa o recuperare il rispetto per la propria professione.
La filosofia di fondo sottesa a questo contributo è che la tendenza naturale di ogni individuo va verso la realizzazione di sé, che i limiti e i blocchi di crescita sono degli utili escamotage per sopravvivere e che è sempre possibile riprendere il flusso vitale naturale, ridecidendo per obiettivi più produttivi e salutari.