Genitore autogenerato e caratteristiche degli Enneatipi

Pubblicato in: Atti del Convegno Nazionale di Analisi Transazionale – Bari, 1994.

 

 “Il vantaggio di questo lavoro è quello di offrire una mappa diagnostica e di attribuire più valore al concetto di Bambino Adattato, dandogli uno spessore caratteriale e quindi la possibilità di avere un campo più vasto di analisi e di esplorazione terapeutica”.

 

Introduzione

Nella pratica clinica a volte risulta difficile isolare uno Stato dell’Io qualificandolo come Genitore o come Bambino. ln questi casi l’Analisi Strutturale di 1° grado si rivela insufficiente ed è necessario un approfondimento degli aspetti di Copione, il che comporta l’utilizzo della struttura di 2° grado del Bambino. Mi sembra necessario sottolineare che esiste una profonda differenza nella natura e nei contenuti delle due strutture.

Sia Berne che autori successivi ne stabiliscono la diversità in termini cronologici e cioè sul “quando” il messaggio è stato ricevuto dal bambino. Berne, in particolare, afferma che “Lo stato dell’lo Bambino nel momento in cui venne fissato aveva già una componente Genitore, Adulto, Bambino… così si può mettere in luce una componente ancora più arcaica all’interno dello Stato dell’Io esibito dal paziente” (1986). Il G nel Bambino del piccolo Aaron rimprovera la sorellina dicendole “Questo non si fa”, agendo “in loco parentis” (Berne, 1971) e più avanti, nella stessa opera il Bambino di 2° ordine della signorina Zoyon “viene affrontato dal Genitore del 2° ordine con l’ingiunzione: non bisogna pensare a queste cose”.

La conseguenza è che anche il cosiddetto genitore “orco” o “strega” vengono considerati incorporazioni del genitore reale, e questo non è sempre vero. Anche in seguito mi sembra che in letteratura non vi sia stata una chiara definizione delle differenze tra Genitore (G2) e Genitore nel Bambino (G1). Diversi autori, (Haykin, Woods) pur attenti agli aspetti psicodinamici del copione, hanno proposto un concetto finale di G1, senza entrare nel merito dei processi che determinano la sua formazione.

Per altri invece le differenze tra G1 e G2 sono più definite. Samuels (1976), ad esempio, sottolinea che il G1 comprende le “illusioni” del bambino sui suoi genitori e Holtby (1973) dà una definizione più articolata in cui viene specificato che l’ingiunzione è una decisione interna o la decodificazione di un’attribuzione. I Goolding (1983) affermano “che il bambino prende parte alla creazione del suo Genitore originario accettando i messaggi o utilizzando il suo Bambino originario o il suo Adulto originario per barricarsi e non accettarli”. ln questi autori manca comunque una chiara definizione sul come opera ciascuna sub-struttura e sul come sono tra loro correlate. Infine mi sembra che Erskine (1985) dia della dinamica copionale e della organizzazione interna del B la elaborazione teorica più coerente anche se, a mio parere, il raffigurare nel diagramma delle “credenze” come contaminazione del G nell’A ripropone la confusione tra struttura di 1° grado e quella di 2° grado.

Lo scopo di questa premessa è di offrire un riferimento teorico al tema che voglio approfondire, quello dell’adattamento, che mi sembra non sia riducibile al solo concetto di Bambino Adattato (BA) e neanche identificabile nella struttura Genitore nel Bambino (G1).

Ritengo piuttosto che possa essere inserito in un contesto teorico esperienziale più ampio, che guardi alle strutture emotivo-cognitive connesse ai temi del carattere e dei tipi psicologici.

ln questo ambito è possibile ipotizzare che ci siano nuclei della nostra esperienza che non sono in stretta relazione con i fenomeni ambientali, perché seguono matrici prefissate che fanno pane del nostro programma genetico, sul quale il genitore e l’ambiente in generale possono intervenire solo parzialmente.

  1. Klein parla di un “Io potenziale” presente alla nascita e Haykin condivide, sottolineando che “l’Ego potenziale seleziona effettivamente certe esperienze in virtù di meccanismi biologicamente determinati” (Haykin, 1980).

Lo studio che presento riguarda essenzialmente la struttura di secondo ordine e necessita di una chiara definizione delle differenze tra la natura del G2 e quella del G1 che propongo vengano ricercate nei processi che portano alla loro formazione.

 

Differenze tra Genitore e Genitore nel Bambino

Ci sono messaggi del genitore, e quindi dell’ambiente, che vengono incorporati o introiettati, così come sono stati emessi, anche nel bambino molto piccolo e che vanno a formare il Genitore propriamente detto (G2). Non importa l’età in cui il messaggio fu ricevuto, pur essendoci una ovvia differenza a seconda che siano mirati a favorire o negare la protezione e la sopravvivenza, oppure rivolti all’adattamento sociale.

Altri messaggi vengono trasformati e prendono connotazioni molto diverse dal messaggio originario. Assumono caratteristiche che nulla rivelano del genitore reale o dell’ambiente: sono questi i messaggi che formano il G1. Il processo di trasformazione avviene in base ad una mappa emotivo-cognitiva specifica, interna alla persona. Non ci sono infinite possibilità di rielaborazione ma solo un certo numero. Ne discende che, vista la diversa natura di G2 e G1, non sussiste una necessaria relazione con l’età del bambino perché si formi l’una o l’altra struttura, anche se in età più precoce è più facile che il messaggio venga rielaborato e trasformato. C’è da aggiungere che nella formazione del G1 non intervengono solo i messaggi provenienti dall’esterno, ma anche quelli prodotti dall’interno, mi riferisco a quella esperienze attraverso le quali il bambino, indipendentemente dall’intervento del mondo esterno, ha sperimentato il suo limite, non perché ci sia qualcuno che vieti o impedisca, ma perché è la sua stessa natura che lo limita (Ferrara, 1992).

Alla luce di quanto detto, l’Analisi strutturale di primo grado del Genitore ci aiuta a scoprire i messaggi introiettati per incorporazione o quelli che sono effetto di una ribellione.

Molto più complesso è il lavoro con la struttura di secondo grado e quindi con i messaggi di cui sono state perse le tracce originarie, come avviene in quelle elaborazioni complesse che danno vita agli incubi e alle presenze mostruose (Ferrara, 1989).

Con la struttura di 2° grado non facciamo lavoro di decontaminazione, ma piuttosto decifriamo un codice che non si manifesta. Nel caso delle incorporazioni genitoriali è sufficiente la narrazione di sé per l’identificazione di pensieri, sentimenti e comportamenti genitoriali che ancora influenzano la nostra vita. Nelle esperienze rielaborate è necessario scoprire i nuclei.

  1. Klein (1988) stabilisce una chiara differenza quando afferma che il “Super-Io dell’individuo non è uguale ai suoi oggetti reali… gli ordini e i divieti del Super-lo non sono per nulla identici alle ingiunzioni che al bambino provengono dai suoi oggetti reali”.

Del G1 non possiamo conoscere indirizzo e dati anagrafici come avviene per gli Stati dell’Io della struttura di primo grado. Siamo più nell’ambito di una concezione di tipo psicoanalitico. Tuttavia non mi sembra che G1 possa essere considerato sic et simpliciter equivalente del Super-lo, ritengo che la sua dimensione concettuale sia più ampia e più complessa.

Il concetto di G1 è strettamente connesso a quello di adattamento, tanto che alcuni autori, come sopra accennato, lo identificano con il BA (James & Jongeward, 1980; Holtby, 1973).

Anche in questo caso non credo che G1 e BA siano equivalenti, così come ho già precisato che non e sufficiente definire il G1 in termini berniani.

Il bambino interpreta i dati provenienti dall’ambiente e dal suo interno e ne trae conclusioni. D’altra parte G1 è un contenitore di mappe e programmi e come tale non è confondibile con la funzione BA che semmai è manifestazione funzionale del G. Anche in senso funzionale il concetto di BA mi sembra riduttivo con le sue distinzioni in BA+ e BA- e le varianti relative alla ribellione.

G1 contiene l’intera mappa organizzativa del copione per cui quello che manifesta è un adattamento complesso, formato da contenuti svariati. G1 è deposito-archivio di ingiunzioni e decisioni, di processi di idealizzazione positiva e negativa e di ogni altra elaborazione compiuta da A1 che in G1 diventano struttura stabile e ripetitiva, funzionando “come” uno Stato dell’Io Genitore che impartisce il programma.

 

L’adattamento

L’adattamento può essere definito come una modalità abituale e ripetitiva di essere. Non è soltanto un “compromesso” e neanche solo “ciò che il paziente si sforza di recitare nella vita reale manipolando la gente che gli sta intorno” (Berne, 1971). Sembra che nella concezione berniana sia comunque presente un retaggio connesso a un’idea di lotta tra bambino e ambiente che per altri versi contrasta con la sua concezione di Stati dell’Io, quando ne stabilisce le differenze con i costrutti freudiani (1957). Non credo che il bambino sia solo un manipolatore e che l’adattamento sia la conseguenza di questa manipolazione.

Nell’adattamento intervengono altri fattori relativi al patrimonio genetico, alla natura personale quindi, e non solo fattori limitanti, ma anche i permessi e il potenziale del Sé.

L’essere più attivo o più passivo, più serio o più allegro, più incline alle relazioni o meno incline, più orgoglioso o più umile, non è solo frutto dell’influenza ambientale o della reazione ad essa. Può anche essere una caratteristica personale, effetto di una traccia, un nucleo originario che nasce con quella specifica persona.

L’adattamento così concepito è il frutto di una elaborazione complessa alla quale partecipa il potenziale del Sé. Le concezioni dell’Io non danno sufficiente possibilità interpretativa dei  fenomeni adattivi. In altra sede ho proposto l’introduzione di concetti gestaltici sul , per meglio integrare la teoria del copione con quella degli Stati dell’Io (1991). Ricapitolando, mi sembra si possa dire che l’adattamento è la risultante di un processo che, alla fine del suo iter, si fissa in strutture rigide che formano il carattere di una persona.

In questa ottica l’adattamento non è definibile solo in termini di funzione (BA) ma è concepibile come il risultato dell’attività del Sé che nel suo incontro con l’ambiente, attraverso meccanismi psicodinamici e organizzazioni cognitive dell’esperienza, porta alla formazione di un complesso piano di vita organizzato su linee guida. Tutto ciò costituisce la struttura del copione. Nella formazione del suo personale copione di vita il bambino non cerca solo un metodo per “cavarsela”, come ritengono Wollams e Brown (1985), ina persegue il principio del massimo risultato, non solo in termini di piacere, ma anche di realizzazione di sé.

 

L’Adulto nel Bambino

Nella struttura di secondo ordine è fondamentale il ruolo dell’Adulto nel Bambino (A1) che, a mio parere, non va considerato come antecedente storico di A2 ma anch’esso diverso per sua natura e non per fattori cronologici. Si può ipotizzare che A1 esiste in maniera parallela ad A2. L’Adulto nel Bambino, più simile al concetto gestaltico di adattamento creativo, porta con sé una mappa cognitiva sulla base della quale interpreta la realtà che vive.

In questo contesto A1 è strettamente collegato a B1 e G1 dai quali è a sua volta influenzato in un sistema che si autorinforza.

Dalla fame di struttura deriva il bisogno di organizzare l’esperienza in forma cognitiva e di costruire idee sulle quali sostenere le decisioni esistenziali, cioè un piano, una mappa sulla quale organizzare la propria modalità di essere. Oltre ad essere costruiti, i piani e le mappe, vanno mantenuti.

Il mantenere piani di riferimento è di per sé rassicurante, come l’incorporazione dell’oggetto. Ciò che non tollera il bambino, ma anche l’adulto, è il vuoto esperienziale, che è connesso al vuoto cognitivo. I cognitivisti assimilano alla morte l’esperienza di mancanza di piani (Guidano, 1988) che in termini esistenziali corrisponde alla “mancanza d’essere” connesso con il vuoto di esperienza. ln entrambi i casi quello che viene a mancare è il riferimento a cui aggrapparsi.

La fame di libertà (Ferrara, 1991) porta invece a sperimentare nuovi piani e nuove mappe, da integrare a quelle esistenti o da sostituire ad esse.

Nel passaggio tra l’abbandono o la perdita di un piano e una nuova elaborazione, è possibile sperimentare momenti di vuoto, sinonimo di morte. Nuovi piani cognitivi possono anche formare difese che riempiono lo stato di angoscia e la sensazione di “non essere”.

A1 elabora idee, alcune sono “credenze”, frutto di esperienze reali: “non valgo, non sono amabile, la vita è dura…. gli altri sono cattivi”. Le credenze mantengono una relazione logica con l’esperienza anche se generalizzata o esagerata.

Altre idee dell’A1 sono invece “idee pazze” che sembrano non avere una logica e contengono paradossi come ad esempio in questa affermazione: “gli altri vedono la mia fatica e quindi ci sono, perché ho fatto delle cose, ho faticato”, con cui la paziente associa il suo esserci al faticare.

Alla fine le elaborazioni di A1 si traducono in un sistema complesso di piani cognitivi, organizzati e interrelati, che vengono depositati in G1 e costituiscono lo specifico adattamento al quale il bambino attribuisce valore assoluto, si identifica in esso, diventa la sua modalità abituale di essere. L’adattamento cosi fissato diventa il contenuto dal quale si manifesta un carattere ben determinato. A1 fornisce i metodi e soprattutto spiegazioni e idee.

Costruisce piani cognitivi secondo una logica. Non è soltanto creativo e intuitivo, come riduttivamente di solito si dice. Segue mappe naturali che sono nel programma genetico di B1 e su queste tracce di programma costruisce piani cognitivi finalizzati al sopravvivere e all’evolversi. Quindi A1 fa riferimento a linee guida, la sua attività e l’interpretazione del mondo e delle esperienze che il mondo gli offre non sono senza regole. Forma nuclei sui quali si stratificheranno decisioni esistenziali che definiranno il carattere della persona, le sue abituali modalità di essere e il relativo copione.

 

La psicologia degli Enneatipi

Le linee guida alle quali faccio riferimento sono quelle indicate nella teoria dei nove tipi caratteriali, così come tradizionalmente vengono presentati nell’Enneagramma, con le loro manifestazioni passionali e le caratteristiche cognitive organizzate in una fissazione.

Il vantaggio di questo lavoro è quello di offrire una mappa diagnostica e di attribuire più valore al concetto di Bambino Adattato, dandogli uno spessore caratteriale e quindi la possibilità di avere un campo più vasto di analisi e di esplorazione terapeutica. Inoltre, come ho sperimentato nella mia ricerca, l’Enneagramma permette un lavoro più focalizzato sui nuclei copionali e un più facile accesso alle mappe cognitive sulle quali il copione si è organizzato.

Possiamo utilizzare come linee guida, oltre alle relazioni oggettuali e più in generale alle relazioni con l’ambiente, anche le caratteristiche passionali, che possono essere definite come una particolare coloritura emotiva che ogni persona mette nelle sue esperienze, coloritura che segue variabili definite e riguarda la parte più istintuale dell’uomo che si approccia alla vita e alla realtà con un bagaglio di passioni tra le quali una in particolare ne impronta il carattere.

Nella mappa caratteriale ognuno dei nove enneatipi si suddivide in tre sub-tipi, sicché la diagnosi può ampliarsi a ventisette tipologie caratteriali e ad altrettante fissazioni, cioè mappe di decisioni esistenziali rappresentate da una definizione evocativa (perfezionismo, autoinganno…). Dalla mia ricerca, ancora a livello iniziale, condotta con metodologia fenomenologica e con l’ausilio di alcuni mezzi diagnostici, è risultato che persone diagnosticate come appartenenti al medesimo tipo caratteriale hanno copioni simili nelle loro caratteristiche dominanti e che i sub tipi, pur mantenendo dei tratti comuni agli altri sub-tipi dello stesso carattere, si differenziano per altri aspetti che sono tuttavia presenti nelle persone dello stesso sub-tipo. Voglio descrivere brevemente l’Enneagramma e poi, a titolo di esempio, entrare più nei dettagli degli aspetti copionali di un tipo di carattere.

Ho appreso la psicologia degli Enneatipi da Claudio Naranjo attraverso un lavoro di anni e ultimamente ho incominciato a integrare quanto da lui imparato con la mia esperienza personale, soprattutto facendo un lavoro di ricerca sulle fissazioni. La figura dell’Enneagramma si rappresenta come segue (fig. 1) e in ciascuno dei nove punti viene indicata una passione base. Non indicherò nella figura anche i sub tipi per economia di tempo e di spazio. Conviene però partire dalla figura base dalla quale poi si sviluppa l`intera mappa passionale (fig. 2).

Nel triangolo sono inserite, ai tre vertici, tre passioni: pigrizia, paura, vanità. Attraverso questa figura rappresentiamo la base per una teoria della personalità. Al vertice superiore poniamo la passione della pigrizia (accidia). Questa passione nasce da una perdita di contatto con sé che determina una “carenza ontica”, potremmo definirla una perdita di contatto dal vero Sé che produce la passione della paura.

Per coprire la paura si costruisce una immagine di sé che porta alla passione della vanità e che permette, attraverso l’identificazione con una illusione, un falso Sé, di vincere la paura ma, poiché si tratta di un autoinganno, di fatto viene alimentata la perdita di contatto con il vero sé, per cui si ricade nella pigrizia che genera nuova paura e quindi ancora la costruzione di false immagini. In questo modo l’uomo entra nella trappola dell’esistenza passionale che può essere considerata un misto di mondo emotivo e di patologia.

A partire da questa base si producono le altre passioni, cosi come indicate nella figura 1.

Le passioni possono essere divise in tre grandi gruppi di patologie come risulta dalla figura 3.

Ad ognuno dei tipi caratteriali vengono attribuiti dei tratti che non corrispondono esattamente al nome della passione così come viene inteso nell’accezione comune, ma in maniera più simbolica e con sfumature interpretative più ampie.

Per esempio un tipo non si definisce avaro per il suo attaccamento alle cose o ai soldi, quanto piuttosto per una sua avarizia nella relazione, una difficoltà a staccarsi dal proprio ego, così come un iroso non si identifica in questa passione per una particolare inclinazione alla rabbia, ma soprattutto per un’attitudine esigente e giudicante verso se stesso e gli altri.

 

Nello studio del carattere vanno considerate le vicinanze tra tipi limitrofi, per esempio: il tipo Invidia ha caratteristiche di Avarizia e il tipo Ira ha somiglianze con il tipo Orgoglio.

All’interno dell’Enneagramma vi sono anche altri collegamenti.

Il tipo Ira, ad esempio, è in connessione con il tipo Gola e il tipo Invidia, secondo delle leggi ben precise.

 

Ad ogni passione corrisponde, sul versante cognitivo una fissazione e possiamo rappresentare in questo modo il relativo Enneagramma (figura 4). Questa è l’area in cui c’è maggiore spazio per le indagini di copione e sul come si è pervenuti alle decisioni esistenziali che nella fissazione sono contenute. A titolo di esempio riporto una sintesi degli aspetti di copione relativi al tipo Invidia.

L’invidioso è un tipo di carattere che incontriamo spesso in terapia.

Molto sinteticamente è un tipo che vive uno stato di carenza, sente che gli è stata negata qualcosa e desidera incorporarla, cerca un po’ di più di ciò che non ha e vive in uno stato di sofferenza, con bisogni mai soddisfatti.

Dalla ricerca effettuata sono risultate alcune caratteristiche connesse al copione, di seguito sinteticamente riportate. Preciso che esistono differenze tra i diversi sub-tipi che vengono, evidenziate nella scheda, pur non avendo approfondito l’argomento in questa sede.

 

Scheda: Tipo n° 4

Passione: Invidia

Fissazione: Sofferenza

Sub-tipi: Competizione, tenacia, vergogna.

 

Caratteristiche familiari:

Per il tipo competitivo e tenace (sessuale e sociale): a seconda dell’umore dei genitori abbastanza sereno o di paura.

Per il tipo vergogna (conservativo) mancanza di stimoli e curiosità, senso di abbandono, ognuno vive per i fatti suoi (manteniamo quello che abbiamo, non rischiamo).

Caratteristiche della madre:

Per il tipo competitivo e tenace: “altruista” (fa tutto per il mio bene), ricattatrice, falsamente perfetta, critica, forte, punitiva (anche violenza fisica).

Per il tipo vergogna: succube, servile, senza personalità. Non si assume responsabilità. Svalutante e colpevolizzante.

Ingiunzioni della madre: Non essere bambina (non chiedere aiuto). Non essere te stessa (tu sei come me, siamo un’unica persona). Non esprimere sentimenti. Non entrare in intimità.

Per il tipo vergogna. Non avere desideri e curiosità. Non essere te stessa.

Controingiunzioni della madre: Devi essere grande, non devi dare fastidio. Devi essere capace. Stai composta. Non fare cose che non mi piacciono.

Per il tipo vergogna: Renditi utile. Devi avere successo. Sii più spigliata. Non darci problemi (non protestare/sii forte)

Caratteristiche del padre: Irascibile, violento, intelligente, superficiale, debole.

Ingiunzioni del padre: Non essere bambino (devi essere un ometto). Non mostrare sentimenti (altrimenti sei debole).

 

Controingiunzioni del padre: Dammi importanza (tipo vergogna). Devi essere brava, colta, spigliata. Devi essere bella, buona, capace (tipo competitivo). Non fare il maschiaccio, non devi piangere, mi piace quando discuti (tipo tenacia).

 

Tipo tenacia:

Sarò buona, forte, autonoma, non mi appoggerò mai a loro, mi affermerò, non mostrerò debolezze.

Tipo competitivo uomo:

Non dimostrerò debolezze, sarò un bravo ragazzo e non darò fastidio. Un giorno mi riscatterò.

 

Tipo competitivo donna:

Asseconderò mia madre per garantirmi la sopravvivenza.

Sarò tua, sarò tutt’uno con te. Non vi chiederò mai niente, solo l’essenziale. Un giorno mi riscatterò.

 

Tipo vergogna:

Non creerò fastidi con le mie richieste e i miei bisogni.

Mi isolerò per nascondere il mio disagio. Non vi siete accorti di me, un giorno vi farò vedere. Non mi fiderò mai (perché papà e mia sorella mi vogliono fottere). Piangerò invece di esprimere rabbia quando sento ingiustizia.

Decisioni in sintesi:

Oggi mi adatto, obbedisco, non mostro debolezze, non creo fastidio con i miei bisogni, ma un giorno mi riscatterò (non vi siete accorti di me, un giorno vi farò vedere).

 

Convinzioni:

Per vergogna: Sono poco interessante, non valgo.

Per gli altri: Solo io posso salvarmi, non c’è nessuno che mi aiuta.

Note:

poiché oggi è impossibile un giorno mi riscatterò (vi accorgerete di me). Il brutto anatroccolo diventa cigno. Il padre amato mostra la sua debolezza e rinuncia: non resta che la madre invasiva che non lascia spazio.

 

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